Segnalazioni

La Storia entra in classe: sul toponimo Teate si conclude la fase 2022 degli incontri tra Cenacolo Teatino e studenti del G.B. Vico

Tutto ruoterebbe intorno alla individuazione certa del locus di rinvenimento della moneta di III secolo recante sul fronte l’immagine di Atena, e sul retro l’effige della civetta, animale sacro alla stessa dea, con a margine la scritta TIATI. Dalla circostanza, ossia se la moneta possa veramente essere stata trovata nella zona di Chieuti [Teate Appula], in provincia di Foggia, ovvero provenga da altro territorio, magari di influenza marrucina, si gioca la partita in ordine alla primogenitura del toponimo Teate.

Se ne è parlato al terzo ed ultimo incontro, tenutosi nei locali dell’ex libreria Pirola, in via Asinio Herio, dell’esperimento didattico riservato alle scolaresche del liceo classico G.B. Vico e animato dai relatori del Cenacolo Teatino. Nei primi due appuntamenti, sviluppati nell’auditorium del museo universitario di Scienze Biomediche, Raffaele Bigi e Marino Valentini hanno spaziato a tutto tondo sulla storia teatina pre e post-unitaria. E ieri Valentini ha centrato il suo intervento sul focus etimologico di Teate, in vista del 3203 anniversario dalla fondazione mitologica della Città [11 maggio del 1181 a.C.].

Il dato numismatico è di particolare pregio per poter risalire a una corretta sintesi delle conoscenze. “Il problema non è tanto o non è solo verificare”, spiega Valentini, “l’esistenza di città di denominazione diretta o derivata riferibile a Teate -del resto fonti riportate fra gli altri dal Romanelli parlano di più luoghi cui attribuire detto toponimo- quanto, nel caso specifico rappresentato dall’accostamento fra Teate Apula e Teate Marrucinorum, stabilire l’esistenza di due datazioni, la prima verosimilmente greca e l’altra, la nostra, sulla cui origine ancora si discute”. Delle monete di TIATI, quella marrucina, parla anche Raffaele Bigi in “Chieti, passato, presente e … futuro” [Carabba edizioni, 2012], citando “la moneta di III secolo a.C. in bronzo coniata dai Marrucini con la dizione TIATI in caratteri oschi rappresentante sul diritto la testa di Apollo con il capo cinto da una corona di alloro e sul rovescio un bue o toro con la faccia umana [androprosopo] sormontato da un fascio di fulmini”.

Dal che si confermerebbero le differenze tra le monete pugliesi e quelle di conio marrucino. Infatti, il predetto abate Domenico Romanellinelli [Tipografia Istorica del Regno di Napoli, Napoli 1818] ci racconta come “nel Giornale numismatico [di tale] signor Avellino leggesi una lettera del conte Tiberj di Vasto in cui si produce e si spiega una [altra] moneta in argento da attribuire senza fallo a Teate Appulo, in quanto all’epigrafe TIATI è aggiunta una A. che l’abate Giovenazzi ed il conte Tiberj interpretano per Apulum. Essa ha la testa di donna diademata da una parte e dall’altra un cavaliere nudo che corona il suo cavallo e nel campo TIATI con un delfino. Questa moneta è di un carattere tutto diverso da quelle finora attribuite a Teate Marrucino che si distinguono o per Ercole colla clava, o per Pallade Galeata, o per la nottula sopra un capitello con l’epigrafe TIATI, siccome furono riferite dal Camarra, dal Gottifredo, dallo Zaccaria, dal Valignani, dall’Eckhel e da altri numismatici”. Insomma l’argomento è delineato nelle tipicità ma resta ancora aperto nelle prospettive che i suoi futuri sviluppi potranno conferire al mondo sommerso delle origini. E, dunque, è funzionale, tornando a quelle di Teate Marrucinorum, al Mito greco.

Valentini, nel precisare rigorosamente i confini tra Scienza e Leggenda, delinea, con linguaggio scorrevole, una traccia di lavoro che tenta di scardinare l’impianto “accusatorio” di quanti attribuiscono relativa “modernità” al Mito di Achille poiché affermatosi solo nel XVI secolo [a seguito del trasferimento a Siviglia, ordinato nel 1559 dal vicerè del Regno, duca d’Alcalà, della statua di Achille insistente in piazza San Giustino] e, quindi, ritenuto privo di un substrato cronologico arcaico che ne legittimi l’attendibilità. Valentini, infatti, obietta che “il monaco Benedettino Giovanni Di Berardo nel XII secolo parlava nel famoso Chronicon Casauriense dell’etimo della particolare denominazione cittadina già affermatasi a cavallo dell’866 e testualmente affermava che ‘Teti era una dea, la madre di Achille, da cui prende nome l’intero contado perché quivi abitava’, pertanto i miti teatini di Teti o di Achille sarebbero esistiti prima del 1200 e forse già nel IX secolo”. Sul Mito di Achille, ed anche sul parere negativo fino ad oggi espresso dalla Soprintendenza alla collocazione nella villa comunale di Chieti di un busto che celebri l’eroe greco, pesa, in verità la ‘disinformatio’ con tanto di narrazioni fantastiche “che il medico e storico umbro Alfonso Ceccarelli”, continua Marino Valentini, “creò ad arte in quel fatidico XVI secolo per compiacere alcune nobili famiglie teatine, in sostanza si trattò, potremmo dire, di una incauta opera di marketing che peraltro ha degli illustri precedenti, penso a Pirro che rivendicò presunte sue origini achee per giustificare la campagna militare contro Roma della quale strumentalmente esaltava le origini troiane”. L’equazione tracciata dal Re dell’Epiro [318-272 a.C.], allorquando sosteneva di discendere da Neottolemo, figlio di Achille, e di conseguenza dell’essere il predestinato ad una sorta di guerra santa contro la troiana Roma, potrebbe trovare addirittura estensione, sempre assecondando il canovaccio di consecutio costruite al fine specifico di dimostrare tesi ed antitesi, in una possibile grecità di Teate e degli altri popoli italici federati nella Lega che affrontò Roma nelle Guerra Sociale [91-88 a.C.].

Resta il fatto che la contiguità tra il mondo ellenistico ed il mondo classico precedente rende inevitabilmente attuali interazioni e commistioni fra “ere” culturali, storiche ed archeologiche saldatesi nel 323 a.C., anno della morte di Alessandro Magno. E non è detto che tutto ciò che non si riesce a dimostrare se non con le leve emozionali della mitologia debba essere inadeguato rispetto ai grandi processi storici dell’Umanità. E quella sottile linea di confine fra Scienza e Mitologia, ispirata alla teoria del “doppio binario” [cfr. “Teate Il Mito, le Origini della Leggenda”, sala provinciale della Provincia, 18 set 2018], potrebbe alla fine anche “contaminarsi” di reciproci, proficui contenuti, laddove, per dirla con le parole di Benedetto Croce: “… senza la ricostruzione o integrazione fantastica non è dato né scrivere di storia, né leggerla ed intenderla” [Teoria e storia della storiografia, 1917]. Il terzo ed ultimo appuntamento, per il 2022, del Ciclo “La Storia in Classe”, si era aperto con una relazione, di chi scrive, dal tema “Quando il Calcio diventa Storia”, monografia estesa in occasione del Centenario del Chieti Calcio [1922-2022]. Argomento sperimentale del più ampio esperimento voluto dalla presidenza del G.B. Vico e curato dal professor Giovanni Scarsi, docente di Storia [che ha sottolineato le sinergie fra sport, società e scuola], sulla possibilità da parte degli studenti del centralissimo plesso scolastico di corso Marrucino di misurarsi con figure professionali, quelle degli esperti del Cenacolo Teatino, alle quali è stato richiesto un “taglio” espositivo storico-giornalistico capace di integrare e di filtrare, sotto un angolo di osservazione del tutto particolare [la Storia e le tradizioni locali], le già elevate competenze del corpo insegnante del liceo. E così, oltre a Teate, ai suoi possibili etimi [fra cui quello di estrazione geografico-morfologica] ed alle sue fiere origini, si è letta la genesi cittadina dal 1922 ai nostri giorni ripercorrendo vicende calcistiche e storiche del Capoluogo in un mixer che ha appassionalo i ragazzi e le ragazze delle terze classi, ai quali era riservato l’incontro. Tra di essi Clarissa V., sedicenne portiere delle giovanili del Chieti Calcio Femminile [serie C girone C], originaria di Luco dei Marsi ma “con un cuore neroverde” ed un futuro, chissà, di “esperta della comunicazione”.


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