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Piazza San Giustino, svanisce il sogno di un museo a cielo aperto: riprendono i lavori di riqualificazione anche nella porzione ovest di Colle Gallo

Svanisce il sogno di Colle Gallo "museo a cielo aperto". A distanza di diciannove mesi dall’allestimento del cantiere di riqualificazione di piazza San Giustino, la Soprintendenza APAB Chieti-Pescara riconsegna alla direzione dei lavori, nei tempi previsti, la porzione ovest della piazza, dopo aver già reimmesso il Comune, lo scorso 21 febbraio, nella disponibilità della parte antistante cripta e sede storica di Palazzo d’Achille.

Stamani il sopralluogo del funzionario archeologo Rosanna Tuteri, presente a titolo personale anche l’architetto Dario Di Luzio, che collaborerà con la Soprintendenza negli imminenti interventi previsti nell’area dei Templi Romani. Tuteri, responsabile scientifica degli scavi, ha incontrato i suoi diretti collaboratori, impegnati nei saggi, e l’architetto Maria Cicchitti, del team di progettisti.

Resteranno momentaneamente non interessati dai lavori di lastricatura le seguenti “enclave”: la cisterna domestica avanti lo stesso Palazzo Valignani [da ultimare le verifiche stratigrafiche]; i mosaici ricompresi nella domus che si sviluppa di fronte la facciata della Cattedrale [si è in attesa dei restauratori per gli interventi di consolidamento]; la prima delle camere, quella in corrispondenza della statua dedicata a San Giustino [e della quale si cercherà di guadagnare la quota di pavimentazione], della cisterna monumentale di epoca romana insistente davanti la scalinata d’accesso al Duomo e, si pensa, anche in parte al di sotto dell’edificio di culto.

Non sono bastati i recentissimi, ulteriori rinvenimenti: sepoltura carolingia di un infante, lacerti musivi e di intonaci affrescati con il caratteristico “rosso pompeiano”, porzioni di colonne, superfetazioni di verosimile estrazione sacrale insistenti sulle creste dell’ipogeo [individuate anche le arcate di concatenamento delle camere], per consigliare una pausa di riflessione. I tempi dell’appalto e la necessità di restituire alla città l’importante, se non vitale, spazio pubblico, hanno non poco influito sulle dinamiche connesse a scavi e lavori. Dunque, al netto di ogni corrente di pensiero, il nuovo assetto di Colle Gallo “regge” come da progetto. Negli ultimi giorni si era diffuso in città un dibattito alimentato da appassionati e cittadini del fronte, diremmo, “libera piazza in libero parco [archeologico]”, ossia dei fautori di asset di valorizzazione delle monumentalità nel contesto del progetto unitario della nuova piazza San Giustino. La posizione della galassia di questo fronte “conservatore” è chiara da tempo: nessuna pregiudiziale a un San Giustino in versione minimalista e razionalista ma, nel contempo, nessuna rigidità ove le monumentalità emerse ed emergende suggeriscano una valorizzazione in loco dei reperti più importanti. E, sempre secondo tale indirizzo, a Colle Gallo sarebbe fin da subito emerso un contesto complesso e di qualità tale da necessitare scelte diverse.

Altrettanto argomentate le posizioni di segno opposto, riassumibili nel protocollo “piazza senza intoppi, sì al monitoraggio ed alla tutela dei reperti ma valorizzazione solo nell’ipotesi di conclamata e clamorosa necessità di procedere in tal senso”. E questo qualcosa di “clamoroso”, ancorché comunque certificato da diversi “indizi” [Testina di Venere, torsetto femminile, mosaici e resti della domus romana, porzioni di colonne, ambienti ipogei di vario tipo e datazione, sepoltura ellenistica della Principessa Marrucina, sepolture carolinge, lacerti di intonaco, blocchi di pietra del periodo arcaico, resti di fortificazioni, resti domestico-sacrali, resti di murature ed arcate, etc.], non è mai stato annunziato. Ritrovamenti sì preziosi ed importanti. Ma ad eccezione della Principessa Marrucina, o Marouca [la cui clamorosa dimensione è in re ipsa ma che, trattandosi di sepoltura, era gioco forza procederne alla rimozione anche per favorirne gli studi del profilo biologico, vedasi la convenzione università d’Annunzio-Soprintendenza], non tali -spiegano gli addetti ai lavori- da limitare, ritardare, rimandare, rimodulare, ripensare il progetto di riqualificazione. Punto e a capo. Anzi: punto e alla coda. Delle “quattro stagioni” teatine.

In questi giorni gli archeologi definiranno gli ultimi rilievi e porteranno a termine gli accennati sondaggi sul primo ambiente della cisterna monumentale, fino alla quota di calpestio. Il fine è scientifico e non impatterà sulla possibile valorizzazione del monumento. Così come scientifici, agli esclusivi fini delle prescrizioni di tutela, saranno le ultime ricognizioni sulla zona dove allo stato è sconsigliabile far passare il “corridoio salva processione”. Che, come già anticipato su queste colonne, si svilupperà in senso perimetrale dalla destra del basamento del campanile fino alla confluenza con via Caio Asinio Pollione. A questo punto, vale la pena riassumere le rispettive posizioni di Soprintendenza e Comune. Da via degli Agostiniani in pratica si sostiene che, per legge, l’ente di tutela è stato impegnato in interventi di archeologia preventiva a margine di un appalto pubblico. Interventi che si sono articolati in una campagna di scavi implicante il monitoraggio, lo studio e le rituali prescrizioni tecnico-scientifiche. Quest’ultime risoltesi, stando ai risultati dell’indagine, nella conservazione interrata dei reperti non naturalmente amovibili. Per la Soprintendenza APAB Chieti-Pescara, inoltre, l’ente titolare dell’appalto, ossia il Comune di Chieti, potrebbe tuttavia decidere, se interessato, di varare progetti di valorizzazione da regolare con gli strumenti urbanistici di legge [varianti] e con finanziamenti propri o da rintracciare a cura della stessa amministrazione comunale, ferma restando la valutazione d’impatto di competenza dell’ente di tutela.

Da corso Marrucino si sostiene, altrettanto pragmaticamente, che il Comune si è attenuto alle risultanze ed alle indicazioni derivanti dagli interventi di archeologia preventiva della Soprintendenza APAB Chieti-Pescara e che pertanto non essendo stati, ad oram, licenziati provvedimenti restrittivi della attività di cantiere, se non quelli di natura momentanea e quelli connessi alle prescrizioni di tutela passiva dei reperti [rinterro con divieto di effettuare opere di qualsiasi tipo impattanti col sottosuolo della piazza], i lavori di riqualificazione proseguiranno come da progetto. Questa è la situazione. Difficile per gli effetti ipotizzare, ad oggi e salvo sorprese dell’ultima ora, finestre d’affaccio, spaccati e “letture” dei reperti in loco. Le parti monumentali vengono infatti considerate staticamente già in parte compromesse. Uno spiraglio di valorizzazione sul posto potrebbe ancora sperarsi, invece, per i mosaici. Ma anche lì. Il fondo degli stessi è dagli archeologi giudicato precario e per stabilizzarli in un cotesto espositivo indigeno sarebbe necessario creare un manufatto perimetrale di rispetto, attrezzato con i più moderni ed efficienti presidi antibatterici ed antivegetali. Ci sarà la volontà e soprattutto la disponibilità di risorse? Di sicuro è che ci si potrà documentare sulla storia di Colle Gallo attraverso il book scientifico che la Soprintendenza presenterà alla fine formale degli interventi di propria spettanza. E, speriamo, visitando il “Colle Gallo Point”, ossia il punto informativo, vera e propria dependance museale gestita dal Comune, la cui apertura è stata annunciata nei locali dell’ex ristorante “Il Grottino”, in via Chiarini, o in altro ambiente idoneo che affacci sulla piazza o nelle immediate vicinanze.

Svanisce il sogno di Colle Gallo "museo a cielo aperto". Le varie spinte emozionali, culturali, civiche e sociali di questi mesi hanno alimentato dibattiti, spesso con toni vibranti, e stimolato le competenze di chi ha lavorato nella piazza. E, a livello istituzionale, degli enti interessati. L’importanza di un confronto sereno e propositivo tra la città e detti enti non può certo misurarsi solo su un epilogo che è, come prevedevasi, di prevalente natura funzionale all’occorrenza dell’intera cittadinanza di poter disporre, nuovamente e dopo tanti mesi [questa estate, termine previsto per il fine lavori di riqualificazione, si sfiorerà quota 24, giorno più, giorno meno] di un luogo centripeto di aggregazione e risorse produttive e sociali. Ma la città ha dimostrato di esserci, di tenere alla propria Storia. Abbiamo ogni giorno seguito gli scavi condividendo con gli archeologi rigori climatici, aspettative, entusiasmi, illusioni e disillusioni. Abbiamo portato finanche il Segretario di Stato Vaticano, Cardinale Pietro Parolin, a benedire quegli scavi. Ci siamo attaccati, come tanti pensionati, a quelle reti rosse di delimitazione. Seguendo gli escavatori, gli operai, i tecnici. Abbiamo cercato di condividere soluzioni, dare suggerimenti, anche avanzare ipotesi, spesso rispondenti alle fattualità del teatro d’indagine. Fermi restando i nostri diversi ruoli. Ed il cuore è stato unico. Svanisce un sogno. Ora se ne apriranno altri. Ma la gente di Teate ci sarà. Comunque ci sarà.


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