Segnalazioni

Cunicolo in piazza San Giustino: nulla osta della Soprintendenza alle indagini dello Speleoclub

La Soprintendenza autorizza lo Speleoclub Chieti al sopralluogo del cunicolo emerso nei pressi del basamento del campanile di San Giustino, nella porzione di piazza nella quale sono stati rinvenuti la stupenda testina di Venere e gli altri reperti presentati alla città nel corso della conferenza stampa del 9 dicembre scorso.

La disponibilità degli speleologi teatini ad indagare gratuitamente, e con le dovute garanzie di competenza e sicurezza, il camminamento o condotto ad oggi visibile solo nella parte superiore, poiché ostruito da terreno e materiale di riporto, era stata rappresentata all’Ente di tutela l’11 dicembre, grazie al collegamento funzionale con una precedente iniziativa del 29 gennaio, allorquando il sodalizio di via Galiani consegnò alla soprintendente, dottoressa Rosaria Mencarelli, carteggi e planimetrie del sistema di cunicoli sottostanti il palazzo di Giustizia e largo Cavallerizza, unitamente agli atti processuali a carico dei protagonisti di una clamorosa fuga [6 nov 1871] dalle carceri centrali, prima borboniche e poi sabaude, in loco ubicate.

“La Soprintendenza”, dice Rosanna Tuteri, funzionario archeologo e responsabile scientifico dei sondaggi e dei rilievi effettuati nell’area, “sta perfezionando una convenzione per rendere programmatica, anche in prospettiva di future occorrenze, la disponibilità manifestata dallo Speleoclub Chieti per la circostanza del cunicolo di piazza San Giustino, disponibilità che salutiamo con soddisfazione ed interesse e per la quale abbiamo licenziato formale nulla osta al sopralluogo, informando, per quanto di competenza, l’amministrazione comunale”. A pronunziarsi formalmente dovrà ora essere proprio il Comune, segnatamente al settore lavori pubblici. Nei giorni addietro l’assessore Stefano Rispoli aveva lasciato intendere che se fosse arrivato l’ok della Soprintendenza non vi sarebbero stati problemi ad autorizzare lo Speleoclub ad indagare il cunicolo. Ma bisogna far presto. La stagione invernale e gli eventi atmosferici connessi hanno suggerito alla Soprintendenza di disporre la protezione dei reperti archeologici con teli di “tessuto non tessuto” con relativo sovrastrato di terriccio. Questa operazione potrà essere perfezionata solo a cantiere aperto, ossia entro martedì. Poi vi sarà una lunga pausa per le imminenti festività. L’urgenza, dunque, riguarda anche l’autorizzazione da concedere agli speleologi che, dipendesse da loro, già si sarebbero calati nel cunicolo previa propedeutica rimozione dallo stesso dal citato materiale di riempimento. Si cercherà di scoprire se il condotto faccia parte della rete dei camminamenti sottostanti il Tribunale, oppure se possa aver rivestito una diversa funzione in qualche modo connessa al nucleo originario della Cattedrale, ossia alla ipotizzata chiesa neocristiana del IV secolo.

L’orientamento del cunicolo, che, sul lato piazza, interseca i resti di una cisterna rivestita in cocciopesto [strato di materiale impermeabilizzante], potrebbe accreditare anche l’ipotesi di uno specifico utilizzo idrico del manufatto che restituirebbe all’attualità le congetture effettuate da illustri autori, fra cui De Laurentiis e Cianfarani, circa l’esistenza, nell’antica Teate, di un secondo impianto termale, rispetto a quello, relativamente sottodimensionato per l’ampiezza della città romana, di via Papa Giovanni XXIII. Di estremo interesse, al riguardo, il lavoro del professor Gabriele Obletter in “Rivista Abruzzese” del trimestre ottobre-dicembre 2010. Obletter, nel riportare una approfondita ricognizione di quanto rinvenuto su Colle Gallo e zone limitrofe dal 1600 ai nostri giorni, opera richiamo alla “struttura antica sottostante il pavimento della cattedrale, ritenuta sostruzione templare e/o conserva idrica ipogea”, struttura che, aggiungiamo, da quanto emerso nei sondaggi relativi al progetto di riqualificazione di piazza San Giustino andrebbe ora letta sinergicamente al nuovo assetto archeologico dell’area.

Tutto lascia intendere che le superfetazioni medioevali allo stato censite sfruttino un pregresso sistema integrato di urbanizzazione su quote degradanti dal livello del battistero della cattedrale, sotto il quale insistono i possibili resti di un tempio pagano dedicato ad Ercole, a quello delle vasche sottostanti il Tribunale. “Non è escluso”, afferma Gabriele Obletter nel suo studio ‘Colle Gallo di Chieti, aspetti di topografia e di urbanistica nell’antichità’ [infra la richiamata ‘Rivista Abruzzese’], “che entrambi i complessi, ossia il supposto tempio di Ercole e la cisterna delle acque, da ritenere alimentanti le vasche al di sotto del palazzo di Giustizia, siano esistiti ed in particolare la seconda ipotesi induce a considerare uno stabilimento termale mai descritto”.

Dunque, che sulla spianata di San Giustino spiri da sempre il vento evocativo di un qualcosa di illustre e di poderoso lo si intuiva dai ritrovamenti effettuati nel corso degli ultimi quattro secoli, ancorchè soltanto alla luce delle attuali scoperte è possibile, a giudizio di chi scrive, parlare definitivamente di polo alternativo, a quello dell’Arce della Civitella, quale estensione territoriale della città romana.

Entrando nello specifico della ipotetica funzione termale di alcuni dei manufatti di questa estensione territoriale c’è da annotare che, oltre alla finissima testina di Venere in marmo greco rinvenuta in una canaletta nella stessa zona del cunicolo e della cisterna, dai sondaggi era spuntato anche un torsetto di figura femminile, purtroppo limitato alla regione della nuca, verosimilmente riconducibile per l’elegante ornamento ad una dea.

Se si trattasse di Diana [Artemide per i greci], Colle Gallo potrebbe riservare agli studiosi singolari analogie nei culti ivi presenti: Ercole [Eracle per i greci], di cui al tempio sottostante il battistero della cattedrale, e, per l’appunto, Diana, dea protettrice dei boschi e dei luoghi ameni qual Colle Gallo in origine era. Ercole e Diana, divinità che hanno subito la stessa influenza figurativa da parte dei corrispondenti modelli greci. Quel qualcosa di “clamoroso”, a giudizio degli addetti ai lavori non ancora emerso e che soltanto se scoperto potrebbe legittimare un cambio di destinazione della piazza rispetto a quanto previsto dal progetto di riqualificazione corrente, in realtà potrebbe essere già sotto gli occhi di tutti. Piazza San Giustino presenta il conto della Storia e lo fa dicendoci che “più si interroga il terreno, più escono i segni dell’antica grandezza”, per dirla con le parole del Vicoli.

E soltanto pastoie burocratiche [vedasi la questione dei fondi, dovuti ai ribassi d’asta, per 353.000 euro giacenti presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e che sarebbero preziosi per approfondire e proseguire i sondaggi, ndc], mancanza di adeguati finanziamenti e sopita lungimiranza amministrativa non consentono per ora di tradurre in atti politici gli input storici, apertisi al dibattito ed al confronto di idee, ed i segnali scientifici che provengono da archeologi ed esperti a vario titolo. Prosegue, intanto, la raccolta firme, indetta da alcune sigle dell’associazionismo teatino e che ha visto coagularsi le posizioni anche di alcuni esponenti politici [da ultimo l’ex candidato sindaco ed ora consigliere comunale Fabrizio Di Stefano], per sollecitare il Comune a riconsiderare il progetto di riqualificazione di piazza San Giustino alla luce dei recenti ritrovamenti archeologici e di quelli [in primis il mosaico citato nei suoi studi da Vincenzo Zecca] della cui presenza si attendono conferme nella restante porzione di piazza ancora da indagare.

Oscar D'Angelo [giornalista pubblicista]


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